Uno degli ultimi scritti di Ettore Majorana e, probabilmente, il più singolare, è il
saggio su Il valore delle Scienze statistiche nella Fisica e nelle
Scienze sociali, pubblicato postumo dall’amico Giovanni Gentile
Junior, sulla rivista Scientia nel
1942. Un saggio illuminante per molte delle
considerazioni epistemologiche fatte dall’autore, ma anche per degli
inquietanti messaggi premonitori.
Era noto che negli ultimi anni, prima della scomparsa, Majorana
si dedicasse forse molto più alla filosofia e alle scienze sociali, che
alla fisica. In effetti, questo saggio fu scritto per una rivista di sociologia.
Come riferisce in una nota Gentile, il lavoro “non fu pubblicato,
forse per quella scontrosa reticenza che aveva l’Autore ad esprimersi
con gli altri e che lo persuadeva troppo spesso a chiudere nel cassetto lavori anche importanti”. Il
saggio, spiega ancora Gentile, ha una notevole importanza perché è proprio
lì che Majorana assunse “una chiara
posizione di fronte al dibattuto problema del valore statistico delle
ultime leggi fisiche (si riferiva a quelle della meccanica
quantistica). Questo che a molti sembra un difetto, come una denuncia di indeterminismo nel divenire
della natura, è invece per il Majorana un motivo
per rivendicare l’intrinseca importanza del metodo statistico, sinora
nella sua essenza applicato solo nelle scienze sociali e che nella sua
nuova interpretazione delle leggi fisiche ritrova intero il suo significato
originario”.
Il saggio si divide in tre parti: una prima, dedicata alla concezione
della natura seconda la fisica classica; una seconda, improntata a una spiegazione del significato classico delle leggi
statistiche e delle statistiche sociali; e infine, vi è una discussione di
come le nuove concezioni della fisica influenzino anche una differente
interpretazione delle realtà sociali.
A Majorana appare evidente un legame tra la
fisica e le scienze sociali. Le analogie tra le leggi della natura e quelle
sociali gli sembrano chiare. Majorana infatti espone degli esempi in proposito. Enuncia la
seguente legge statistica: In una società moderna di tipo europeo il
coefficiente annuo di mortalità è prossimo a 8 per 1000 abitanti.
E’ evidente, sostiene Majorana, che il
sistema che viene descritto, è definito in una
forma globale, cioè, rinunciando a una serie di dati particolari, come
potrebbero essere le singole storie di vita degli abitanti presi in
considerazione. Tali informazioni potrebbero sì migliorare la statistica
che spiega un determinato fenomeno, ma sarebbe estremamente
complesso ottenerle e codificarle in senso matematico.
In maniera analoga, in un gas, possono definirsi pressione e temperatura in
una forma globale (per esempio, misurando la
temperatura del gas con un termometro), senza assolutamente conoscere in
modo particolare le velocità e la dinamica di tutti gli urti tra le
molecole che lo compongono, cioè, quelle che potrebbero definirsi le loro
singole storie.
Inoltre, molte delle leggi statistiche in ambito sociale
sono di tipo empirico e fenomenologico,
proprio perché descrivono sistemi piuttosto complessi, che poco si prestano
ad analisi di tipo riduzionista; ma che danno
ugualmente utili indicazioni predittive. Anche in fisica esistono
leggi e intere teorie di questo tipo; per esempio, le leggi che descrivono
l’attrito, sono appunto di tipo fenomenologico,
in quanto rinunciano a una descrizione di base
delle interazioni microscopiche che genererebbero gli attriti stessi.
Questa parte del saggio viene così conclusa da Majorana: “Ammesse così le ragioni che fanno
credere all’esistenza di una reale analogia tra le leggi statistiche
fisiche e sociali, siamo indotti a ritenere plausibile che, come le prime
presuppongono un rigido determinismo, così le ultime siano da parte loro la
prova diretta che l’assoluto determinismo governa anche i fatti
umani; argomento che ha avuto tanto miglior fortuna in quanto, come abbiamo
detto in principio, si era già manifestata per ragioni indipendenti la
tendenza a vedere nella causalità della fisica classica un modello di
valore universale”.
Il punto che a Majorana preme toccare nel suo
parallelo tra scienza e società, è come i cambiamenti delle teorie fisiche di inizio Novecento (relatività e meccanica quantistica)
presuppongano una revisione anche nell’interpretazione delle leggi
statistiche sociali, che però è ancora tutta da venire.
In proposito lui commenta: “Non esistono in natura leggi che
esprimono una successione fatale di eventi; anche
le leggi ultime che riguardano i fenomeni elementari (sistemi atomici)
hanno carattere statistico, permettendo di stabilire soltanto la
probabilità che una misura eseguita su un sistema preparato in un dato modo
dia un certo risultato, e ciò qualunque siano i mezzi di cui disponiamo per
determinare con la maggior esattezza possibile lo stato iniziale del
sistema.
Queste leggi statistiche indicano un reale difetto di determinismo e non
hanno nulla di comune con le leggi statistiche classiche nelle quali
l’incertezza dei risultati deriva dalla volontaria rinuncia, per
ragioni pratiche, a indagare nei più minuti
particolari le condizioni iniziali dei sistemi fisici”.
Per Majorana la meccanica quantistica descrive
una realtà nella quale vi è una sostanziale perdita di oggettività
nell’interpretazione dei fenomeni fisici (basti pensare al principio
di indeterminazione di Heisenberg); in effetti,
egli sostiene che l’azione perturbante di un osservatore esterno in
una sua operazione di misura su di un sistema fisico, porta il sistema
stesso in un nuovo stato che non è oggettivamente quello iniziale,
antecedente alla misura. “Questo aspetto
della meccanica quantistica – dice Majorana
– è senza dubbio più inquietante, cioè più lontano dalle nostre
intuizioni ordinarie, che non la semplice mancanza di determinismo”.
E’ a questo punto che, come esempio conclusivo, Majorana
parla del comportamento degli atomi delle sostanze
radioattive; i quali hanno la capacità spontanea di trasformarsi (decadere)
in atomi di sostanze più leggere. La legge empirica che descrive questo
fenomeno è di tipo probabilistico, non riducibile a
un semplice meccanismo causale, nel senso che, dirà Majorana,
“la disintegrazione di un atomo è un fatto semplice,
imprevedibile, che avviene improvvisamente e isolatamente dopo
un’attesa di migliaia e perfino di miliardi di anni; mentre niente di
simile accade per i fatti registrati dalle statistiche sociali. Questo non
è però un’obiezione insormontabile”. (F.S.)
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